domenica 18 settembre 2011

L'Estonia in un articolo del 1972

Viaggio nei paesi baltici, l'Estonia
Una città scandinava con il cappotto russo
L'allegra Tallinn degli Anni Trenta soverchiata dal conformismo - Un "night" con spogliarello, l'unico dell'Urss - I posti chiave della politica e dell'economia sono in mano russa, sopravvive una limitata autonomia culturale
(Dal nostro inviato speciale) Tallinn, 5 agosto.
L'albergo «Viru», il più lussuoso dell'Unione Sovietica, è l'orgoglio degli estoni, che, parlandone tra loro, lo chiamano il «Tallinn Hilton»: i suoi ventidue piani sono il simbolo della città nuova, così come i centoventi metri della guglia della chiesa di Olaf, re e santo norvegese, sono l'emblema della città vecchia. Costruito dai finlandesi l'albergo sintetizza l'ambigua bivalenza di Tallinn, città dal corpo e dal cuore scandinavo e dalla testa russa.
Menù e realtà
Aperto due mesi fa, il «Viru» ha l'eleganza sobria e funzionale di un buon albergo occidentale, con alcune innovazioni nei servizi davvero rivoluzionarie rispetto alla tradizione sovietica. Ad esempio,l'eliminazione della Dezhurnaja, la donna del piano, sola detentrice delle chiavi delle camere e, al tempo stesso, controllore severo della moralità dei clienti. La Dezhurnaja è un personaggio mitico nella tecnica alberghiera sovietica e la sua sparizione al «Viru» (dove le chiavi vengono consegnate dal portiere, al pianterreno) ha un significato psicologico che trascende quello puramente pratico. Albergo moderno e spregiudicato, dunque, come vuole l'animo scandinavo degli estoni eppure già sciatto e inefficiente dopo appena due mesi,nella migliore tradizione russa. Prendiamo il caso degli ascensori. Sono solo quattro per un albergo di ventidue piani, con portata massima di tredici persone l'uno. Il risultato è che code di turisti imprecanti sostano per decine e decine di minuti ai piani.
Spesso, nei quattro giorni trascorsi a Tallinn, ho avvertito questa continua giustapposizione e tensione tra la naturale inclinazione all'Occidente negli usi e nei costumi della popolazione (Helsinki è a ottanta chilometri in linea d'aria) e la reale sostanza russa dell'organizzazione socio-economica della città. Il bar ristorante «Vana Toomas», intitolato all'eroe popolare estone, nella vecchia piazza del Municipio, è il più antico e celebre della città. E' una cave, arredata col gusto di certe birrerie di Lubecca, le cameriere, bionde e slanciate di ceppo finnico, in costume nazionale, che viporgono con grazia il menù e una lunga lista dei vini. Ma. al momento di ordinare, mi sento dire di non tener conto del menù, perché ci sono solo due piatti (antipasto dì pesci fritti e omelette), né della lista dei vini, perché c'è solo una marca disponibile.
Ancora all'albergo «Viru» c'è un night-club, che non è esagerato definire sfarzoso. Lo spettacolo (varietee, in estone) ruota attorno a dieci stupende ragazze, degne delle «Bluebell », che si spogliano il piùpossìbile, pur non eliminando mai i ridottissimi reggiseni e slip. E' l'unico esempio di potenziale strip tease in tutta l'Unione Sovietica. Ma, mi dice con una punta di amarezza un amico, che ha conosciuto la Tallinn degli Anni Trenta,quel varietee, così eccitante per chi viene da Mosca, è tutto quanto è rimasto della fama di città gaudente, che la capitale estone ben meritò allora con i suoi 450 locali notturni e la più raffinata casa d'appuntamenti d'Europa,
Oggi, Tallinn non appare certo una città allegra, bensì una città depressa e compressa. Il rigido puritanesimo russo-socialista ha spazzato tutte queste cattedrali della depravazione capitalistico-borghese dopo l'annessione (lo spettacolo del «Viru» è soprattutto destinato ai turisti, dal momento che il pagamento in dollari è « preferito e consigliato» dall'ufficio turistico). Dopo aver goduto per soli ventun anni, dal 1919 al 1940, di una reale indipendenza, l'Estonia fu annessa all'Unione Sovietica nel 1940, insieme con le altre Repubbliche baltiche, anche se solo nel 1945 — quando le armate dei marescialli Govorov e Meretskov conquistarono l'intera fascia costiera fino a Koenigsberg, oggi Kaliningrad — passò veramente sotto il controllo sovietico.
L'agricoltura
Di certo, la russificazione di questa Repubblica — che, nel Medio Evo, aveva fatto parte della lega anseatica e, poi, si era unita alla Svezia, prima di essere conquistata una prima volta dai russi, con Pietro il Grande, nel 1710 — non fu indolore. Stalin inviò in Siberia decine di migliaia di estoni, più di centomila, secondo fonti non ufficiali di qui, per sradicare l'opposizione interna. Molti sono tornati, ma la maggior parte è morta nei Lager siberiani. E la collettivizzazione dell'agricoltura, alla fine degli Anni Cinquanta, in un Paese che aveva già realizzato una riforma agricola d'avanguardia, suscitò molti rancori. Oggi (grazie ad una secolare tradizione agricola, della quale si trova testimonianza nel villaggio-museo che porta curiosamente il nome italiano di Rocca del Mare), l'agricoltura dell'Estonia è comunque tra le più efficienti delle quindici Repubbliche sovietiche, al punto da essere competitiva con quella dei Paesi scandinavi.
Ora tutti i posti-chiave nella politica e nell'economia sono in mano ai russi (o a estoni di provata fede). L'immigrazione russa è massiccia, come nelle altre due Repubbliche baltiche, e serve da diga frangiflutti contro ogni possibile reviviscenza del nazionalismo. Su 1 milione e 200 mila abitanti dell'Estonia, i russi sono circa 400 mila e la popolazione russa aumenta più rapidamente di quella estone. Secondo dati che risalgono al 1970,soltanto il 30,4 per cento della popolazione estone parla correntemente il russo — lingua obbligatoria nelle scuole —, ma anche questa minoranza ha un fortissimo accento, a metà tra il finlandese e il tedesco. Ai programmi della radio e della televisione centrale sovietica, gli estoni preferiscono quelli della radio-televisione finlandese.
Secondo i dati ufficiali, l'individualità culturale degli estoni è rigorosamente custodita: su 36 giornali pubblicati qui, 28 sono in estone, dei 13 milioni dì libri stampati l'anno scorso, 11 milioni erano in estone, 8 dei 9 teatri della Repubblica hanno in cartellone solo lavori in lingua estone. Ma ho sentito molta gente affermare che queste statistiche sono soltanto un «fuoco di sbarramento», dietro il quale si cela un progressivo dilagare della cultura russa. La resistenza degli estoni è cauta e sotterranea,quasi impercettibile per chi trascorra pochi giorni nel Paese, anche se, ogni tanto, si può cogliere al volo qualche episodio illuminante, soprattutto nelle sfumature.
Il regolamento
Eccone uno cui ho assistito nella hall dell'albergo. Due giovanotti chiedono al portiere le chiavi delle loro stanze. Sono palesemente russi, sia per come parlano, sia perché hanno sottobraccio un fascio di giornali di Mosca (che ben pochi estoni leggono). Il portiere — che parla terribilmente male il russo — chiede ai due di esibire il cartoncino sul quale è stampigliato il numero della camera. Questa prassi è stabilita da un regolamento, scritto in quattro lingue compreso il russo, appeso sopra il banco della reception, ma nessuno ha mai chiesto il cartoncino a me straniero e non russo. I due rispondono dì non averlo con sé. Il portiere rifiuta allora di consegnare le chiavi. I giovanotti protestano e il portiere dice, a metà in russo e a metà in inglese: «Questo è il regolamento, guardate, è scritto qui ed è scritto in quattro lingue. Voi che lingua capite?».
Solo in rare occasioni vi sono esplosioni collettive e manifeste di patriottismo, come durante l'ultimo festival della canzone, svoltosi nel nuovo auditorium all'aperto, capace di centomila posti, con il palco a forma di conchiglia socchiusa. Finite le esibizioni dei trentamila complessi, venuti da ogni parte dell'Unione Sovietica, la folla ha invaso il palco e, fino alle ore piccole, ha cantato, in un gigantesco coro, canzoni patriottiche, che non inneggiavano certo alla fraternità con i russi.
Autore: Paolo Garimberti per il quotidiano La Stampa, domenica 6 agosto 1972, pagina 13.

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